Chi ha paura delle sirene?
16 Luglio 2015Ascoltando il Libro Rosso al Penguin Cafe
27 Luglio 2015Se l’uomo capisse che si vive soltanto una volta e mai più, se la gente si rendesse conto di questo, probabilmente non sarebbe disposta a passare la vita come la passa. Allora questa musica è rivoltosa perché accende in noi la consapevolezza che ogni attimo è eterno perché è l’ultimo ed è quello che ci invidiano gli dei.
Vinicio Capossela – Indebito
Vidi e ascoltai per la prima volta Psarantonis, alla fine del film di Andrea Segre e Vinicio Capossela: Indebito. Film girato attorno all’umanità della musica rebetika, il movimento blues greco. Psarantonis, imponente nella sua esecuzione solitaria fra le montagne, cantava il pezzo di chiusura del film. Mi colpì in maniera profonda il suo canto e il mistero che scorreva lungo le note della sua lira. La sua voce era vento e attesa della tempesta. Andai quindi alla ricerca dei suoi dischi per potermi immergere in quei suoni e in quell’intensità. Dopo un po’ di navigazioni e di scoperte dentro la musica popolare greca, mi imbattei in questo disco: Na ‘Hen I Thalassa Vouna, che più o meno dovrebbe voler dire: “Aveva le montagne marine” (la traduzione non mi sembra così fluida, per cui prendetela con le cosiddette molle).
C’avete fatto caso?
Le copertine dei dischi di musica popolare hanno una caratteristica comune: la fotografia in primo piano dell’artista, spesso solo del suo faccione, o al massimo in posa con i suoi strumenti. Le avrete viste in giro per le bancarelle, trasmettono in maniera scarna un’informazione anagrafica essenziale, senza nessun’altra concessione. Immortalamenti da bravo fotografo da sposalizi. E anche molti dei dischi di Psarantonis seguono questa tradizione grafico-popolare.
Ma, in questa, di copertina, Psarantonis è rappresentato in una foto di confine, alba o tramonto, danzando fermo e solitario in riva al mare. Poseidone che suona la lira per le onde del mare. E sono suoni di confine, quelli di questo disco.
Il Mediterraneo.
Il confine fra il vento e la tempesta. Suoni pieni di sale, di terra e di vento, vuoti di tutto ciò che non serve, non è essenziale. Il rebetiko è musica di resistenza. La musica è una politica dei sentimenti. Il rebetiko è musica politica. Ogni musica dovrebbe esserlo, forse, e lo diventa quando gli si regala attenzione. Il blu della copertina, come il blues che unisce gli uomini. Essere centrati non riguarda la perfezione del centro, vuol dire saper camminare sul confine fra mistero e popolarità. E bisognerebbe avere sempre rispetto della sofferenza, cantandone.
State pronti, ad ascoltare questo disco, la rabbia potrebbe emergere come schiuma dal mare.
Se centrata come la voce di Psarantonis, saranno poi cazzi amari.
Ascolta il disco su Spotify: