Psarantonis – Rebetiko, musica, vento e tempesta
20 Luglio 2015Perché la bellezza ha importanza?
31 Luglio 2015Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori. A essi va fatto risalire tutto il resto. Tutto cominciò allora, e poco hanno aggiunto i dettagli posteriori. La mia vita intera è consistita nell’elaborazione di quanto era scaturito dall’inconscio, sommergendomi come una corrente enigmatica e minacciando di travolgermi. Una sola esistenza non sarebbe bastata per dare forma a quella materia prima. Tutta la mia opera successiva non è stata altro che classificazione estrinseca, formulazione scientifica e integrazione nella vita. Ma l’inizio numinoso che conteneva ogni altra cosa si diede allora. 1957.
Trattp da: C.G.Jung – Il LIbro Rosso – Liber Novus
Non ho mai letto il Libro Rosso di Jung. Mi è capitato di sfogliarlo, qualche volta a casa di amici, trovandomi di fronte a un abissale, psichedelico e meraviglioso mondo di alchimie, visioni, appunti di viaggi oltreconfine. Come guardare le increspature di un sasso lanciato nel lago profondo della coscienza.
Un sasso nell’acqua.
Il disco di questa settimana, come si può notare dalla copertina, è un omaggio piuttosto esplicito al Libro Rosso di Jung, appunto: “The Red Book – Penguin Cafe”. Non si trovano molte notizie in rete di questo collegamento che pur essendo molto esplicito graficamente, non lo è per niente nei contenuti. D’altra parte parlare di contenuti per il mondo della musica, come per quello dell’esplorazione del sacro, è sempre in parte un gran controsenso. È un camminare sul confine.
A che serve la musica? A che serve mettersi lì ad ascoltare per intero un disco strumentale come questo? Spesso, abituati a pensare in maniera scientifica, come pastori a chiudere i nostri ragionamenti in compartimenti stagni, diventiamo noi stessi pecore chiuse nel recinto. Cerchiamo in tutto produttività e consumo, e ci dimentichiamo poi della politica dell’impalpabile, dell’utilità dell’inutile. Della bellezza.
A che serve la musica? A nutrire lo spirito, forse. Ma è una domanda che rimarra sempre un po’ aperta…
Cosa c’è di più utile del sommo inutile?
Insomma, Arthur Jeffes, figlio di Simon, che fu lo storico fondatore della Penguin Cafe Orchestra e ideatore di quella miscelazione di suoni caratteristica, strumentale esperimento di stati leggeri d’immaginazione, racconta di come l’idea per questo disco sia nata su un progetto con l’Orchestra Spaziale Internazionale della Nasa, a corredo del Progetto Keplero (che ha da poco scoperto il pianeta con fama di chiacchiere da parrucchiere, gemello della Terra). Da questo progetto nacquero i brani “Aurora”, che apre l’album e “1420”.
È un disco che miscela leggeri viaggi interstellari (Aurora, 1420, The Roaring of a Silent Sun, Moonbo), sonorità antiche da caffè ottocentesco (Solaris, and Yet, Bluejay), con musica che profuma di mari occidentali (Black Hibiscus, Odeon, Radio Bemba).
Su tutte consiglio di ascoltare la progressione allegra ed ipnotica di “Catania“.
Nostalgia contenta, di ricordi del futuro. Quella nostalgia che si prova a guardare il cielo di notte d’estate. Che è pieno di stelle e di ricordi. D’altra parte mi sono sempre chiesto perché le previsioni astrologiche del futuro si basino sulla lettura dei segni del cielo e non della terra. Il cielo, per quanto romanticamente leggero, è pieno di passato, come la musica sognante della Penguin Cafe Orchestra, divenuta ora, dopo la partenza d Simon, un punto di riferimento per ozii necessari: il Penguin Cafe.
Un sasso nell’acqua quante volte può volare?
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Chissà che musica ascoltano giù su Kepler 452b.
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Per ascoltare la puntata radiofonica del Disco Raccontato del 27 Luglio, dedicata a questo disco:
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Ascolta l’album su Spotify: