A zonzo / Per una storia della leggerezza 1 | Radio-VideoVersion
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7 Maggio 2020A cura di Paolo Maria Clemente
Durante la deriva transumana, la Zona viene invitata a colludere dalla nostra attenzione. Ma il nostro sguardo ha davvero questo potere? Se può far girare una persona per strada, è in grado di far girare anche la strada?
Chiarirò il concetto con un ricordo d’infanzia. Ogni tanto mio padre ci portava in una pizzeria fuori città dove la maggiore attrazione era costituita da un pizzaiolo giocoliere. Come tutti i pizzaioli, aveva davanti a sé una fila di morbide cupolette bianche: ne prendeva una e la lavorava a lungo con le mani prima di infornarla. Fin qui la sua manipolazione della pasta non era per nulla diversa da quella degli altri pizzaioli; ma in presenza di bambini introduceva una variazione che ci lasciava sempre a bocca aperta: il lancio per aria del disco bianco di pasta che arrivava roteando fin quasi al soffitto. Questo ricordo assume oggi il valore di una allegoria in cui il pizzaiolo è la Zona, noi bambini siamo i derivanti, la cupoletta di pasta è lo spazio-tempo, i lanci che sfiorano il soffitto sono i sincronismi.
E’ possibile che la nostra attenzione sia in grado di alterare il contesto spazio-temporale? La scienza è disposta ad ammettere l’influenza dell’ “osservatore” alla microdimensione (16) , mentre la nega alla macro-dimensione, altrimenti dovrebbe riconoscere che se l’osservatore è in grado di modificare il presente, necessariamente altera pure il passato, creando a posteriori le cause degli effetti presenti. Non sto parlando di un osservatore qualunque, ma di un derivante il cui stato di coscienza ha la capacità di “eccitare” il contesto spazio-temporale (la Zona) tanto da provocare effetti speciali come appunto i sincronismi. Questi effetti, d’altra parte, retroagiscono sugli eventi che li hanno preceduti, disponendoli in modo da giustificarne la presenza qui ed ora. Quante catene causali devono essere deformate affinché due persone con lo stesso braccio ingessato abbandonino contemporaneamente una piazza verso direzioni opposte? O perché una ragazza si imbatta nella ex del suo compagno che conosceva solo dalle foto? (17) L’epistemologia dualistica ipotizza che, durante una deriva, le singole serie causali già uscite dal mazzo del tempo possano essere reimmesse e rimescolate a piacere come carte da gioco. Eccitata dall’intenzionalità dei derivanti, la Zona può cioè far ruotare la freccia del tempo all’indietro, riscrivendo i ricordi delle persone come nel film Dark City (dove però questa operazione viene compiuta dagli extraterrestri). Un rimaneggiamento retroattivo della città e della sua memoria che passerebbe inosservato se non fosse appunto per i sincronismi, una metacomunicazione con cui la Zona dice ai derivanti: “sto giocando con voi!”.
A questo punto l’espressione “epistemologia dualistica” appare decisamente inadeguata a definire il rapporto tra due singolarità. Se, infatti, gli attori dell’interazione ludica sono due, l’aggettivo “dualistica” andrebbe sostituito con “duale”, con riferimento alla grammatica delle lingue antiche in cui si distingueva l’azione compiuta da due persone (duale) rispetto a quella compiuta da una sola (singolare) o da molte persone (plurale). Reciprocamente, l’opposto di “duale” non sarà più “monistica”, ma “singolare”, dove tuttavia la singolarità ammessa è una sola – quella dell’osservatore – mentre viene negata all’Altro, cioè alla Zona.
Una delle maggiori differenze tra epistemologia singolare e duale è il valore del giudizio soggettivo, giudicato insufficiente dall’epistemologia singolare e probante dall’epistemologia duale; nella prima, infatti, il parere di un solo osservatore non è sufficiente perché la conoscenza non può ridursi a una faccenda privata; nella seconda, invece, basta che uno si diverta, che ci pigli gusto a giocare con la Zona perché questa assuma consistenza reale. Nell’epistemologia duale, insomma, non conta la valutazione dell’osservatore esterno, ma solo quella compiuta da chi ha partecipato alla deriva rimanendone coinvolto cognitivamente ed emotivamente.
Una simile valutazione è un ibrido tra oggettività e soggettività: è una valutazione soggettiva che ha un riscontro esterno oggettivo o, viceversa, un dato oggettivo che però non ha valore di per sé ma solo nella misura in cui suscita l’interesse del soggetto derivante. Le “prove” contemplate dall’epistemologia duale sono stati d’animo spontanei come la curiosità, la sorpresa e il divertimento.
C’è una fondamentale distinzione tra il modo di procedere della scienza – che utilizza l’epistemologia singolare – e quello di una filosofia che si avvalga dell’epistemologia duale: identità e ripetizione da una parte, somiglianza e creazione dall’altra: la scienza appartiene alla misura, la
filosofia appartiene al dominio della poesia (18) .
Ma come si può trasmettere una conoscenza che non ha niente di oggettivo? Come si può comunicare un’esperienza soggettiva? Risponderò utilizzando la tecnica del detournement che ho appreso da Debord, cioè parafrasando un brano di Antoine de Saint-Exupéry, per il quale insegnare a percepire è più importante che insegnare ad esprimere (19) : “L’uomo è fatto in modo tale che gioisce soltanto per quello che lui stesso crea. E che gli ha reso necessario, per gioirne, compiere la faticosa ascesa della poesia. Anche la poesia della deriva può essere solo il frutto del tuo sforzo, della tua ascesa interiore. L’incontro con la Zona non dipende dall’apparizione ma dalla tua ascesa conquistata, dal tuo prender posto nel cielo. Ciò che non è ascesa o passaggio è senza significato. E se ti fermi troverai soltanto la noia perché la deriva non ha più nulla da insegnarti. Un derivante si rivolge a me per essere istruito senza sforzo, ma io non ho mai preteso di insegnargli un segreto tanto esiguo da poter essere formulato con le parole. Nulla di ciò che importa veramente si può enunciare. Non è attraverso la via del linguaggio che trasmetterò ciò che è in me. Ciò che è in me, non vi è parola per dirlo. Posso soltanto significarlo nella misura in cui tu lo hai sentito già attraverso altre strade oltre la parola. Ecco perché non posso trascinarti in deriva per scoprire al tuo posto la verità di un passaggio che per te non sarà certo una conquista” (20).
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(16) A questo livello sarebbe più corretto parlare di strumenti di osservazione piuttosto che di osservatore (W.Heisenberg, Fisica e filosofia, p. 68).
(17) Quest’ultimo esempio non è un semplice sincronismo ma una vera e propria “sincronicità” in senso junghiano.
(18) Cfr. H. Bergson, Il pensiero e il movente, p. 48.
(19) che per una volta non è tratto dal “Piccolo Principe” ma da “Cittadella”, un romanzo filosofico che stava scrivendo mentre decollava col suo Lightining da Fertilia, distante appena 20 km. dal luogo dove sto scrivendo quest’articolo, nella primavera del 1944.
(20) Parafrasi da A. de Saint-Exupéry, Cittadella, pp. 145-201.
●△● “Il Sogno Lucido e la Deriva Transumana”
è un articolo in 5 parti di Paolo Maria Clemente. Queste verranno pubblicate in successione qui nella sezione “Agitazioni” del sito. È un’introduzione ai fondamenti teorici del “Gioco della Deriva“ – che Paolo ha chiamato così in onore al primo che ne ipotizzò una qualche esistenza: Guy Debord, negli anni ’50 – , in cui si intrecciano le idee dei situazionisti; quelle sul sogno lucido; la psicologia analitica; lo sciamanesimo.
Il “Gioco della Deriva” è un modo di esplorare, di “eccitare” il mondo, incredibile, con una serie di risvolti metafisici di enorme rilievo, secondo noi. È insomma una cosa da scoprire, importante ed avventurosa.
! A conclusione della serie, invieremo a tutti gli iscritti alla newsletter del lupo, il pdf completo con l’articolo integrale ed una proposta di gioco!
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Paolo Maria Clemente
nato a Sassari nel 1962, Paolo Maria Clemente è laureato in Filosofia e in Psicologia. Psicologo e psicoterapeuta attento al contesto sociale, esercita la libera professione ad Olbia e a Sassari. Dal 2000 al 2003 è stato rappresentante regionale per la Sardegna della “Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva” (S.I.T.C.C.) e dal 2004 al 2008 ha insegnato come docente a contratto “Elementi di psicoterapia in ambito educativo” nel Master in Clinica Educativa e dell’Età Evolutiva dell’Università degli Studi di Cagliari… […]