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Nel 1875, il fiorentino Carlo Lorenzini, più noto con il nom de plume di Carlo Collodi, viene incaricato dall’editore Felice Paggi, di tradurre alcune delle più celebri fiabe francesi, poi raccolte in un volume intitolato I racconti delle fate. Tra queste c’è Peau d’âne (Pelle d’asino) di Perrault, ovvero la storia di una principessa costretta alla fuga per sottrarsi alla incestuosa pretesa paterna di sposarla. La vicenda narrata, non è originale, ma frutto della rielaborazione di materiale appartenente alla tradizione europea, tanto che fiabe con soggetto analogo sono presenti nella raccolta dei fratelli Grimm (Tuttapelosa) e nei racconti di altri paesi (qui il link per approfondimenti). Quello che Collodi fa, oltre ad una godibile traduzione nel suo italiano toscaneggiante – d’altronde c’era chi, non molto tempo prima, era andato a “sciacquare i panni in Arno” – è di concedersi “leggerissime varianti, sia di vocabolo, sia di andatura di periodo, sia di modi di dire” (premessa a “Racconti delle fate”).
A rileggere Pelle d’Asino non possiamo domandarci se questa fiaba non abbia nutrito, insieme ad altri saperi, la fervida immaginazione del nostro Collodi nel momento in cui mise le mani sulla costruzione di uno dei racconti fantastici più noti al mondo, il suo Pinocchio.
Facile pensarlo: anche Pinocchio finisce in una pelle d’asino che, nel suo caso però, piuttosto che offrirgli un sicuro nascondiglio imprigiona la sua umanità anche se, poi, riesce nel corso di un’altra delle sue avventure, a liberarsene, seppur per il rotto della cuffia.
Partendo da queste storie, oggi, mi trovo a pensare che gli asini siano stati troppo maltrattati nella opinione corrente, relegati ad animale simbolo di testardaggine ottusa ed ignoranza.
Secondo la mia esperienza personale gli asini sono capaci di grandi suggestioni.
Qui, nella tana del Lupo, per esempio gli asini volanti di “A zonzo”, hanno saputo ispirare pensieri sulla leggerezza come categoria esistenziale e musicale.
A me, invece, sono venuti in visita asini biblici, attraverso passaggi pseudo cabalistici fondati sul calcolo errato delle date di pubblicazione di Pelle d’Asino.
È andata così: la scelta dei “Racconti del Lupo” a cui io presto la voce, si forma su informazioni che ci giungono tramite la mediazione mistica di Antonello Palladino che intercetta – la radio non è solo trasmissione, ma anche ricezione – suggerimenti e indicazioni direttamente da Douglas Adams. Una volta decodificato il messaggio, Antonello mi propone il racconto da leggere. Nel caso di Pelle d’asino mi ha comunicato la scelta la sera del 12 maggio e, all’una e venti del mattino dopo la proposta per la messa in onda: “Giovedì prossimo?”
“Per la messa in onda? Si.” Replico io con due dita ed un occhio solo, alle 5:08 dello stesso giorno.
E poi penso che il giovedì che sta per arrivare sarà il 15 (in verità sarebbe stato il 14 di maggio, mi sbagliavo) e che, quindi il giovedì successivo sarebbe caduto il 22 maggio. Non so perché, ma immediatamente avverto che il 22 possa avere a che fare con gli asini. Forse nella tombola il 22 è l’asino?
Scrivo e cerco “asino, 22”. E trovo: “Numeri 22:11-35 “Come un asino salva un padrone”. Ah. Insomma, LA BIBBIA.
Ora, per brevità non riporterò l’intero passo lasciando a voi il piacere della ricerca e di eventuali interpretazioni, se vi piace l’esegesi dell’antico testamento.
Solo una sintesi: un’asina, a differenza di Balaam, il suo padrone che lei porta in groppa, riesce a vedere l’angelo del Signore. Il Signore, infatti, non è d’accordo su quello che Balaam intende fare e, per impedirglielo, gli manda a sbarrargli il passo un angelo invisibile. L’effetto che ottiene è che Barlaam, non avendo letto Doreen Virtue, non riesce a vedere gli angeli ad occhio nudo e ci mette un pezzo a capire l’antifona, mentre l’asina, nel frattempo, si becca un sacco di botte per la sua disobbedienza, oltre che la fama, per tutte le generazioni a venire dei suoi simili, di ottusa testarda; alla fine, però, l’asina viene riscattata e Balaam redarguito.
Messaggi sottili dall’invisibile a parte, anche grazie all’asina di Barlaam, sono arrivata a questa conclusione: sarà il simpatico sorriso, sarà il suo understatement che lo fa meno presenzialista del cavallo o forse saranno quelle magnifiche lunghe orecchie, fatte evidentemente per ascoltare ma anche per trasmettere, ma credo che l’asino sia un animale davvero molto radiofonico.
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Lettura di Claire Gentile. Montaggio e Musiche a cura di Damiano Ferraretti.